mercoledì 14 marzo 2007

Pino Puglisi esempio e non santino

LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO, 03 MARZO 2007
Pagina XV

La svolta del nuovo vescovo Puglisi esempio e non santino
FRANCESCO PALAZZO

Il nuovo arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, ha affrontato di petto e con una certa sostanziale discontinuità un argomento molto visitato dal suo predecessore Salvatore De Giorgi. Parliamo del processo canonico che dovrebbe portare alla beatificazione di Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993. Il suo sacrificio è stato l´altro giorno ricordato nientemeno che dal palco di Sanremo. Segno che una biografia può lo stesso essere veicolata con forza e coinvolgimento, come hanno fatto molto bene Ficarra e Picone durante una puntata del festival della canzone italiana, senza che vi sia il bollo ufficiale della beatificazione e il conseguente nome immortalato sui calendari. Questo mostra di averlo capito il nuovo arcivescovo quando dice che la Chiesa palermitana è più interessata a veicolare e far conoscere l´esempio di Puglisi che a innalzarlo agli onori degli altari. Una presa di posizione da accogliere certamente con favore. È un primo segno di un episcopato che evidentemente vorrà badare più alla sostanza di ciò che veramente si è che alla forma di ciò che virtualmente si diventa col bollo di santità della Santa sede. Del resto la svolta fa tesoro dei timori dei più avvertiti conoscitori della vita e delle opere del parroco di Brancaccio. Ciò che infatti non si capiva era questa incomprensibile fretta di fare della figura di don Pino un santino buono per tutti, senza peraltro preoccuparsi dell´effettiva continuazione della sua eredità. In quel di Brancaccio e, più in generale, nella diocesi palermitana e nella Chiesa siciliana. Bisognerà adesso capire come il nuovo arcivescovo vorrà passare dalle più che condivisibili parole ai fatti. Per il momento la concretezza fattuale ci dice che Puglisi non è, se non in maniera molto fumosa e impalpabile, un riferimento di vita ecclesiale e di scelte pastorali per le comunità cristiane. Diciamocelo francamente, molta acqua è passata dall´omelia del settembre 1982 su Sagunto-Palermo espugnata che Salvatore Pappalardo pronunciò in occasione dell´eccidio di Dalla Chiesa. Così come pare si sia molto lontani dall´anatema contro gli "uomini d´onore" che Giovanni Paolo II lanciò ai piedi del Tempio della Concordia, nel maggio del 1993.
È probabile che ambedue le circostanze siano state sopravvalutate. Ma siccome nel mondo imperante della comunicazione si vive anche di messaggi, e la mafia ha antenne molto competenti per coglierli, non c´è dubbio che la Chiesa in quei frangenti si pose come un macigno sulla strada di Cosa nostra. Che, difatti, rispose a Pappalardo disertando la messa per i detenuti all´Ucciardone, nell´aprile del 1983, e reagì più violentemente, nel luglio del 1993, al grido del Papa con gli attentati ai simboli romani della cristianità.
L´opera fu poi completata con l´uccisione di Puglisi, nel 1993, e con l´eliminazione, nel 1994, del sacerdote campano Beppe Diana. Da allora, a parte la continua richiesta di santificazione, la Chiesa palermitana, certamente senza volerlo in maniera consapevole, sembra essere rientrata nei ranghi. Dall´omicidio di Puglisi sono quasi trascorsi quattordici anni, e non si è trovato il tempo per predisporre e attuare una specifica pastorale quotidiana nelle parrocchie, nei gruppi cattolici, nelle confraternite. Su come farla basterebbe guardare proprio l´esempio di Pino Puglisi. Ed è probabilmente quello che intende fare il nuovo presule. A nessuno può sfuggire il peso e l´importanza che avrebbe un´azione attenta, informata e continua della comunità cattolica dell´Isola contro il potere mafioso. Certo, ci vuole coraggio, lo stesso che ebbe Puglisi. Non è un percorso semplice, e il fatto che non sia battuto da gran parte degli esponenti della politica siciliana sta a dimostrare quanto non ci si possa più limitare a enunciazioni formali a favore della legalità oppure a omelie infuocate, ma che si debba osare qualcos´altro. Il nuovo arcivescovo è uomo d´esperienza e non ha bisogno dei nostri consigli. Tuttavia, se proprio vuole uscire dal ruolo di Alice nel paese delle meraviglie che lui stesso onestamente si è attribuito in questa prima fase palermitana, potrebbe farsi una passeggiata a Brancaccio e dintorni per vedere con i suoi occhi e valutare attentamente cosa ne è oggi dell´eredità sociale e pastorale di Puglisi. Potrebbe forse misurare, ma è solo un´ipotesi, quanto sia grande il baratro che si può creare tra la beatificazione implorata a Roma e l´azione quotidiana praticata a Palermo.



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