venerdì 12 febbraio 2010

La doppia scheda e l'elettore sdoppiato

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
N. 6 del 12 /02/2010
Pag. 2
DOPPIA SCHEDA DAL CILINDRO
Francesco Palazzo

Il Partito Democratico siciliano chiederà, con il supporto dell'UDC, l'introduzione della doppia scheda per l'elezione di sindaci e presidenti di provincia, adesso eletti, in tutta Italia, in un'unica scheda insieme ai consigli comunali e provinciali. Tale iniziativa, così è stato detto, è ritenuta una delle riforme più ambiziose che il partito si propone. Per i democratici, la legge attuale mortifica la volontà degli elettori. Sotto c'è la convinzione, che sino ad oggi attribuivamo solo al credo berlusconiano, che l'elettore medio abbia la cultura di un bambino undicenne neanche tanto intelligente. Al momento di votare, infatti, non si renderebbe conto che la preferenza per il candidato al consiglio comunale e provinciale, ove non esprima una scelta per un candidato sindaco o presidente di provincia, vada direttamente al candidato alla carica di primo cittadino o presidente di provincia legato automaticamente alla lista del candidato consigliere prescelto. Sembra uno scioglilingua, in realtà sta a significare che, per beata ignoranza, l'elettore finisce per mandare sugli scranni più alti delle amministrazioni gente che mai voterebbe se avesse a disposizione una seconda scheda. Ma è proprio così? La nostra ipotesi, al contrario, è che il corpo elettorale sappia moto bene quello che fa e che se il centrosinistra perde, per fare un esempio, otto province su nove, come accaduto nell'ultima tornata elettorale, si deve non già alla mancanza della doppia scheda, ma ad una scarsa appetibilità politica presso l'elettorato. Le leggi elettorali non possono surrogare un consenso deficitario. La questione, a volerla esaminare nella sua completezza, investe non soltanto la possibilità di scelta dell'elettore, cui si lancia il messaggio dissociante del voto disgiunto come regola fissa, ma essenzialmente la politica. In sostanza, si vogliono sempre più sganciare sindaci e presidenti di provincia dalle maggioranze che li portano alla vittoria. Il momento è quello giusto. Cosa sta accadendo alla regione, garante il PD, se non una prova generale di quella che si immagina dovrebbe essere la vita in comuni e province se dovesse passare la norma della doppia scheda? C'è lo spappolamento della maggioranza uscita dalle urne e la permanenza del presidente che da quella maggioranza è stato eletto con la stessa scheda elettorale. E meno male che sinora c'è la scheda unica anche alla Regione. Perché il PD vuole lo sdoppiamento pure in questo caso. Chissà cosa avremmo visto con un capo dell'esecutivo regionale eletto con una scheda tutta sua. Se così siamo “solo” al terzo governo di legislatura, con un presidente della regione del tutto autonomo dai partiti saremmo ai governi settimanali. E' questo che si vuole per gli enti locali? Avremmo in giro per la Sicilia tanti sceriffi, sindaci o presidenti di provincia, che cambierebbero esecutivi e maggioranze come la mattina noi ci cambiamo la camicia. E ciò delineerebbe un maggiore rispetto della volontà popolare e più stabilità nella gestione della cosa pubblica? Ci pare strada che non spunta. C'è invece bisogno, proprio per garantire meglio il cittadino-elettore, di un più stretto rapporto tra i partiti, le liste, gli eletti nelle assemblee rappresentative e le cariche monocratiche, siano esse quelle di sindaco, presidente di provincia o di regione. Senza fare di questi ultimi, come già in qualche caso comincia ad avvenire, variabili impazzite, che a tutto rispondono, tranne che al cittadino elettore. Se proprio si vuole favorire l'elettorato attivo, si dovrebbero inserire, casomai, dei paletti legislativi più stretti. Due proposte. Presentare subito, in campagna elettorale, la squadra degli assessori al completo, eventuali sostituzioni dovrebbero essere dei fatti straordinari, non la norma, come ormai è diventato. Con azzeramenti progressivi di giunte e stravolgimenti completi delle coalizioni premiate nei seggi. Per evitare quest'ultima evenienza, seconda proposta, si dovrebbe inserire nella legge elettorale una piccola postilla, semplice e lineare: se perdi la maggioranza si torna al voto. L'elezione diretta ad una carica non è affatto un mandato divino, da difendere con i denti qualsiasi cosa accada. Ovunque in Italia negli enti locali, per ultimo a Bologna, si torna a votare quando non vi sono più le condizioni per andare avanti. Non ci pare che sino a oggi siano successi cataclismi.

1 commento:

  1. "La nostra ipotesi, al contrario, è che il corpo elettorale sappia moto bene quello che fa e che se il centrosinistra perde, per fare un esempio, otto province su nove, come accaduto nell'ultima tornata elettorale, si deve non già alla mancanza della doppia scheda, ma ad una scarsa appetibilità politica presso l'elettorato. Le leggi elettorali non possono surrogare un consenso deficitario."
    Parole sante. Purtroppo viviamo nell'illusione che la ricetta per un buon governo sia individuare formule elettorali più o meno fantasiose. Mentre anch'io penso sia necessario avere la capacità di costruire programmi politici credibili e trovare persone coerenti e oneste che li portino avanti, in un continuo confronto con la base che li ha votati.

    RispondiElimina