giovedì 29 novembre 2007

Mafia: fiction e realtà

LA REPUBBLICA PALERMO - GIOVEDÌ, 29 NOVEMBRE 2007

Pagina VIII

Se la pubblica educazione viene affidata alle fiction

FRANCESCO PALAZZO

Da una fiction dibattuta a una negata. Oggi vedremo sicuramente l´ultima puntata de "Il capo dei capi", anche se proseguono gli interventi che vorrebbero impedirlo. Martedì sera non c´è stato dato di vedere lo sceneggiato imperniato sulla figura di Graziella Campagna, la diciassettenne uccisa in provincia di Messina dalla mafia. Era il 12 dicembre del 1985. Una prima sentenza ha inflitto due ergastoli e due condanne per favoreggiamento. Il ritardo del deposito delle motivazioni della sentenza ha consentito la scadenza dei termini di custodia cautelare per uno dei condannati all´ergastolo. La causa del blocco della produzione televisiva risiede nel fatto che essa potrebbe influenzare la Corte d´appello che dal 13 dicembre tornerà a giudicare gli imputati. Il provvedimento ha il bollo del ministero di Grazia e giustizia. Se tutto ciò l´avesse raccontato una fiction l´avremmo definito un´esagerazione. Perché è incredibile che, dopo 22 anni, non solo non ci sia stata giustizia per la morte violenta e atroce di una giovane innocente. Ma che, in aggiunta, si vieti di raccontare in televisione un fatto ormai così lontano nel tempo. Per la Rai c´è un precedente abbastanza recente. Nel maggio del 2006 si era a ridosso del voto regionale e s´impedì la visione di una fiction che parlava anche di Paolo Borsellino. Motivo: la sorella Rita era candidata per la guida del governo regionale. Potenza delle fiction, potremmo dire. Strapotenza del mezzo televisivo, dovremmo aggiungere. Perché ci sono ancora molti che credono nel forte impatto emotivo, positivo o negativo non importa, che tali produzioni artistiche possono avere sul popolo siciliano non colto e sull´immaginario collettivo nazionale e internazionale. Come se il problema vero non sia ciò che è successo e succede ancora, con la mafia che entra nei palazzi della politica e infila pure le talpe nelle procure, ma consista nell´operazione del raccontare il passato. È bene dirlo con chiarezza. Il male ha già esercitato la sua azione nella realtà dei fatti, per come sono avvenuti e nella misura in cui sono accaduti, e in ogni caso ben prima dell´operato di sceneggiatori, registi e attori. Se collochiamo prima ciò che temporalmente viene dopo, ossia la finzione artistica, la prospettiva diviene sfuocata e falsata. C´è chi poi avanza il pericolo che le scene di violenza possano scatenare una sorta di consenso interiore nei confronti del fascino perverso del male. Qui entra in gioco la funzione pedagogica del mezzo televisivo, che deve stare attento a non turbare un pubblico che non riuscirebbe a distinguere, sostanzialmente, il bene dal male, aderendo a quest´ultimo quando viene raccontato nel dettaglio in tutta la sua lucida efferatezza. Con tutto il rispetto verso chi sostiene una simile tesi, ci pare una posizione difficilmente difendibile con buoni argomenti. Se il cittadino ha aderito alla mentalità mafiosa, se la sostiene con piccoli e grandi comportamenti quotidiani, assume tali condotte ancor prima che la televisione veicoli il proprio messaggio. Alla base del ragionamento può celarsi un punto di vista preciso. Che coincide nel non attribuire ai ceti popolari, che magari non hanno letto una valanga di libri, una deliberata e consapevole decisione in ordine a ciò che la mafia è. Ma non è solo la borghesia mafiosa che sceglie per convenienza da che parte stare. Lo fa anche il popolo nella sua accezione più diffusa, con meno ingenuità e sprovvedutezza di quanto si voglia immaginare, e senza alcuna costrizione, almeno nella maggior parte dei casi. E non certo a causa di uno sceneggiato. Così come non sono le riproduzioni televisive a veicolare agli inermi e innocenti spettatori l´immagine di una mafia immortale. I prodotti televisivi o cinematografici, lungi dal mettere le cose in maniera più pesante di quanto non siano, risultano essere, in ordine alla durata storica delle mafie, meno fondamentali e decisivi della lettura dei giornali, dell´ascolto dei telegiornali e della stessa vita quotidiana. La realtà purtroppo supera sempre, e di gran lunga, la fantasia.

1 commento:

  1. Il problema è il clima in cui viviamo, le ombre che ci circondano... di mafia si parla poco e male: di questo personalmente mi preoccuperei. Perché in prima serata non si fa un bel documentario su tutta la storia dell'arresto di Riina? Perché non si fa un approfondimento sulle stragi di Capaci e di Via d'Amelio?

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