giovedì 28 giugno 2007

Via Matteo Bonello

LA REPUBBLICA - GIOVEDÌ, 28 GIUGNO 2007

Pagina XIV

LA POLEMICA

LA STRADA INTESTATA A UN OMICIDA
Il protagonista: Via Matteo Bonello ricorda il capopopolo che uccise il Gran Cancelliere Maione
Il contesto: Il fatto è accaduto per contrasti tra nobili nel XII secolo ai tempi di Guglielmo il Malo

FRANCESCO PALAZZO

A proposito di strade palermitane intestate o meno per vari motivi, nei giorni scorsi "Repubblica" ha ricordato la campagna di stampa per non fare intitolare una via a Giuseppe Maggiore (rettore fascista propugnatore delle leggi razziali, che aveva sottoscritto la cacciata dall´Ateneo di cinque docenti ebrei) e ha sottolineato invece che ad Alfredo Cucco è andata meglio, non si capisce per quale motivo. Per lui un posticino nello stradario si è trovato. Sull´argomento, alcuni mesi addietro, si è appreso che, per decisione della commissione toponomastica del Comune, duecento strade e piazze palermitane, vecchie e nuove, stanno cambiando denominazione o sono in procinto di avere un nome nuovo di zecca al posto di molte incomprensibili sigle anonime. Giovanni Paolo II ha già impalmato la piazza antistante lo stadio scalciando lo statista Alcide de Gasperi, che però ancora gode di un posto al sole nella strada vicina. Tra i nuovi arrivati avremo anche il cardinale Pappalardo, il filosofo Norberto Bobbio, madre Teresa di Calcutta e altri personaggi più o meno noti. È nota e già archiviata la giusta polemica di alcuni familiari di vittime della mafia, che non hanno gradito la periferica dislocazione delle vie assegnate ai loro cari. In qualche caso il Comune ha già fatto marcia indietro. Parlando di strade, credo sia interessante riflettere su un altro caso, non so se unico, ma certamente molto raro. Una delle vie più conosciute di Palermo è dedicata a chi una sera di tanti secoli addietro, con tutti i dubbi che una ricostruzione storica di un fatto così lontano nel tempo presenta, avrebbe pugnalato a morte una persona. Parliamo della Via Matteo Bonello, che scorre non in una landa desolata del territorio palermitano, ma in un luogo centralissimo, ossia tra il palazzo arcivescovile e la cattedrale. I fatti sono (o sarebbero) questi. Siamo nel dodicesimo secolo, capo del regno normanno di Sicilia è Guglielmo I, asceso al trono dopo la morte di re Ruggero II. Passa alla storia come "Il Malo", chiamato così dai baroni ai quali limita i privilegi feudali. Per perseguire tale obiettivo politico da carta bianca al suo Gran Cancelliere, Maione da Bari, di estrazione plebea. Quest´ultimo per un periodo è primo ministro e quindi la persona più potente dopo il re stesso, al quale si suppone volesse subentrare. Su di lui gravano le accuse, non si sa quanto fondate, di tirannia e malgoverno. Avvia comunque varie riforme che colpiscono economicamente i baroni. Tutto questo sfocia in un rivolta, guidata da Matteo Bonello e progettata dai nobili nel castello di Caccamo. Il 10 novembre 1160, come capro espiatorio della crisi, Maione è assassinato in pubblico. Una tradizione popolare vuole che sia stato ucciso proprio dal Bonello davanti al palazzo arcivescovile, dove ancora oggi, sul portone d´ingresso, si troverebbe infissa l´elsa della spada del suo giustiziere. L´impugnatura nel portone c´è davvero, non coinciderebbe tuttavia con quelle in uso al tempo dei fatti. Sulla vicenda storica c´è, inoltre, da dire che Bonello è imparentato con Maione, questi infatti gli ha promesso la mano della figlia. Sembra pure che l´agguato mortale avviene con il silenzio, forse complice, dell´arcivescovo di Palermo Ugo. Il quale, poco prima dell´uccisione di Maione, pare intrattenga con lui un dialogo molto duro, accusandolo di non proteggere i baroni. In ogni caso la vittima è malvista sia alla nobiltà che dal clero. In qualsiasi modo siano andate le cose, pare dunque che il "merito" più grande per il quale è ricordato Matteo Bonello, a torto o a ragione, è quello di aver ucciso un esponente delle istituzioni, amato o odiato non è questo che importa. Ed è davvero singolare che, non solo gli sia stata dedicata una via, ma che questa ricada proprio nel luogo dove s´ipotizza sia avvenuto il delitto, sottolineando di fatto il motivo dell´intitolazione. Forse è ormai giunto il tempo di rimediare, magari intestando la strada che passa nel cuore della cattolicità palermitana proprio al Cardinale Salvatore Pappalardo. In quanto all´elsa ancora piantata nel portone dell´arcivescovado, pur non essendo riconducibile a quell´agguato, ma ricordando a tutti un eclatante omicidio politico (oggi, forse, diremmo anche mafioso), non sarebbe male che dalla curia partisse l´iniziativa di estirparla definitivamente.

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